Santiago Maldonado, desaparecido in Argentina

In Argentina è tornata la tragedia dei desaparecidos. La storia purtroppo pare non insegni mai troppo. Cedo il mio blog a Patricia Victoria Perelló (Avvocato e docente di Criminologia alla Facoltá di Giurisrpudenza dell’Universitá Nazionale di Mar del Plata, e presso il Master di Criminologia dell’Universitá di Barcellona) che racconta nei dettagli la scomparsa di Santiago Maldonado. Mi auguro che questo articolo giri in rete il più possibile affinché si possa creare un muro di indignazione contro quanto sta accadendo in Argentina.

Esiste una parola che ha superato le barriere delle lingue, una parola che si è imposta ovunque nella sua lingua originaria, cioè lo spagnolo, questa parola è: “desaparecido”.

Dobbiamo al mio paese, l’Argentina, il “copyright” di questo vocabolo, no perché non esistesse precedentemente, ma perché, prima, l’uso di questa parola era ben diverso.

Dalla dittatura civico-militare che governò l’Argentina dal 1976 al 1982, la parola “desaparecido” fa riferimento alle migliaia di persone che sono scomparse durante quel buio periodo nel mio paese, per mano delle forze armate e di sicurezza, in molti casi senza conoscere, con esatezza, quale sia stato il loro destino.

Si sa che sono 10.000, secondo il governo e 30.000 secondo le organizzazioni dei diritti umani, le persone che sono state sequestrate, detenute illegalmente, torturate, violentate, ammazzate, e poi date per “desaparecidas”. Non scomparsi, missing, manquant, ecc, “desaparecidos”, in Argentina la dittatura civico-militare ha creato una nuova categoria di persone, né vivi né morti, semplicemente “desparecidos”, e così questa parola si è diffusa ovunque.

Perché “desaparecidos” invece di morti, vi domanderete, la risposta è tortuosa ma semplice: da una parte, per cercare di ottenere impunità, perché se non si trovassero i corpi, non esistono i morti; dall’altra, perché la scomparsa è più sinistra della morte, semina il terrore, dove restano in attesa parenti e amici con un vuoto assoluto senza risposte, con la speranza che un giorno le persone care possano riapparire.

La scomparsa di persone nelle mani delle forze armate e di sicurezza da origine a una oscura storia che ha segnato il mio paese, forse per sempre. Sono note le conseguenze che la dittatura ha causato nella popolo argentino, in tutti coloro che sono state vittime dei delitti a cui mi riferisco, nelle loro famiglie, nei testimoni e nella società tutta.

Dopo quasi quarant’anni invano pensavo che la commissione di questi delitti riguardasse ormai il passato, ma mi sbagliavo.

Il primo agosto di quest’anno ho avuto la consapevolezza che, purtroppo, la parola “desaparecido” appartiene ancora al nostro presente, e sebbene molta gente scompare nel nulla in tutto il mondo, in questo caso, la scomparsa a cui mi riferisco sarebbe stata commessa dalle forze di sicurezza dello Stato argentino, la Gendarmeria Nazionale, questo attira l’attenzione del mondo intero, ancora una volta chi ci deve proteggere avrebbe violato gravemente i nostri diritti.

Questa scomparsa molto probabilmente è stato un atto di terrorismo di Stato, e questo comportamento è assolutamente inaccettabile in un governo che viene definito come “democratico”.

Santiago Maldonado ha 28 anni, è oriundo di un piccolo paese della provincia di Buenos Aires, chiamato 25 de Mayo, da tempo lavora come tatuatore sia in Cile che nel Bolson, un piccolo paese del sud dell’Argentina dove abitano molti giovani, che come lui cercano la tranquillità di una esistenza a contatto con la natura. Aveva studiato Belle Arti alla Plata, una delle sue passioni era dipingere murales.

È un ragazzo che non apparteneva a nessun partito politico, che non professava una ideologia partitaria, che voleva solo appoggiare il reclamo degli aborigini mapuche, abitanti originari della terra, espropiati dal governo del mio paese con la violenza, le persecuzioni. Tutto questo, al solo scopo di proteggere gli interessi dell’azienda Benetton, a cui, quelle terre sono state vendute negli anni 90, una superficie di quasi un millione di ettari nella Patagonia argentina, che apparteneva originariamente ai mapuche, ceduta a un costo quasi simbolico. L’azienda Benetton é diventata uno dei più grandi latifondisti del paese.

Dicono i testimoni che addirittura questa azienda si è appropriata di altri seicentomila ettari, vuol dire che attualmente occupa un millione e mezzo di ettari nella Patagonia argentina; la vastità del latifondo è tale che comprende anche un lago.

Ovviamente la richiesta dei mapuche di vedersi restituire la loro terra è assolutamente legittima, ma questo è un tema molto complesso che merita essere approfondito, pertanto verrà trattato in un articolo posteriore.

Oltre alle persecuzioni che hanno sofferto nel passato, dal mese di maggio del 2016, i mapuche subiscono costanti repressioni da parte delle Forze di Sicurezza dello Stato argentino, molti aborigini sono stati perseguitati, detenuti, colpiti, i loro pochi averi sono stati brucciati. Le terre a cui mi riferisco, sin dal XVII secolo, sono state riconosciute di proprietà dei mapuche, che le abitavano, molto prima che il Cile e l’Argentina esistessero come paesi.

Questa terra appartiene ai mapuche da secoli. Sono piú di venti i trattati che i governi di: Spagna, Argentina e Cile, hanno firmato riconoscendo a questo popolo il dominio di quei luoghi.

Nel mese di giugno dell’anno corrente è stato arrestato “il lonco” (ossia il capo di un gruppo mapuche), Facundo Jones Huala, questo fatto ha spinto la sua comunità insieme a organizazzioni sociali e di diritti umani a indire una manifestazione pacifica il 31 luglio di quest’anno, alle porte del tribunale di Bariloche.

La manifestazione pacifica è sfocciata in una brutale repressione per mano della Gendarmeria Nazionale e del Gruppo Speciale d’Assalto Tattico della Polizia di Siccurezza Aeroportuaria, che è culminata con spari di proiettili di gomma che si è conclusa con diversi manifestanti feriti e nove persone detenute.

Il primo agosto, “la pu lof”, a Resistenza nel distretto di Cushamen nella provincia di Chubut, per reclamare la sua liberazione il gruppo a cui appartiene Facundo Jones Huala ha organizzato un blocco stradale nell’ autostrada 40. Veramente una protesta simbolica dal momento che si è trattato di un piccolo fuocherello ai margini di una delle corsie stradali. Per di più il gruppo di manifestanti era composto solo da sette persone.

A questa esigua protesta ha partecipato Santiago Maldonado.

Secondo le dichiarazione che fece ai mass-media la Ministra della Sicurezza Patricia Bullrich, le autorità “non vogliono una Reppublica Mapuche nel territorio argentino”, per questo motivo il governo ha ordinato alla Gendarmeria Nazionale di disolvere e reprimire qualsiasi manifestazione che si svolgesse da parte dai mapuche, questa disposizione sarebbe stata comunicata dal Viceministro di Siccurezza Pablo Noceti al giudice Guido Otranto, a cui posteriormente è stata afidata la indagine per la scomparsa di Santiago Maldonado

Particolarmente il governo ha ordinato di reprimere il “blocco” stradale nell’autostrada 40.

A reprimere questi sette mapuche è andato un gruppo di più di centoventi gendarmi, in quattordici veicoli, partiti delle città di El Bolson e di Esquel.

Secondo i testimoni presenti alla manifestazione la Gendarmeria ha usato non soltanto pallottole di gomma, ma anche di piombo, lo scopo non era soltanto dissuadere, ma annichilire qualsiasi intemperanza aborigina. Un video mostra chiaramente l’enorme quantità di gendarmi coinvolti nell’operativo e la loro attrezzatura di guerra (caschi, scudi, divise di combattimento, armi) per ridurre al silenzio sette aborigini armati soltanto con sassi.

A capo di questo operativo non c’era nessuna autorità, e si è svolto in maniera disordinata.

Tutti i testimoni, inclusi attualmente alcuni gendermi, riferiscono che Santiago Maldonado era con i mapuche sull’autostrada quando è arrivata la Gendarmeria, che il gruppo della protesta ha corso, per rifugiarsi delle pallottole e dei colpi inflitti dai membri di questa numerosa forza, verso il fiume vicino, per attraversarlo e fuggire dall’altra parte, tranne Santiago Maldonado, che aveva paura dell’acqua.

Perciò Santiago rimane nascosto sotto un albero più di vente minuti, ma poi viene catturato dai gendarmi, a cui i mapuche hanno sentito dire “qua abbiamo preso uno” “sei in arresto”.

Uno dei testimoni ha dichiarato di aver visto un gruppo di gendarmi colpire un giovane maschio con le mani legate. Il testimone riferisce, anche, di aver notato un gruppo di sei o otto gendarmi che formavano una fila per nascondere qualcosa o qualcuno che cercavano di introdurre dentro il veicolo dallo sportello posteriore nel furgone della Gendarmeria. Si trattava di un furgone bianco con delle righe verdi, che era entrato nel territorio mapuche in retromarcia, partendo poi ad alta velocità sull’autostrada 40 verso la città di Esquel.

Al momento dell’operativo della Gendarmeria, nel posto c’era, il viceministro della Siccurezza Pablo Noceti, che si “occupa” del tema mapuche sin dall’ anno 2016, lui afferma di trovarsi lì per caso poiché diretto a Bariloche, ma dobbiamo considerare che questo funzionario è una delle parti direttamente coinvolte nel conflitto con i mapuche, e addirittura imparte ordini sia alle Forze di Sicurezza che ai governanti locali. Il Viceministro il giorno antecedente la scomparsa del giovane Maldonado aveva indetto una riunione con tutte le squadre della Gendarmeria Nazionale delle provincie di Chubut e Rio Negro, la Prefettura Navale, la Polizia Federale, la Polizia di Siccurezza Aeroportuaria, la polizia provinciale di entrambe le provincie, i Ministri di Sicurezza di Chubut e Rio Negro, e il Ministro di Governo di Chubut, in un tavolo di lavoro organizzato per coordinare le azioni di tutte queste forze.

L’obiettivo: annientare la Resistenza Ancestrale Mapuche.

La Resistenza Ancestrale Mapuce, cosiddetta RAM, è il gruppo più radicalizzato dei mapuche.

Il giorno dopo la riunione di Noceti con le Forze di Sicurezza Santiago Maldonado scompare.

Quando questo avviene lo Stato argentino, attraverso le dichiarazioni della Ministra della Siccurezza, Patricia Bullrich, nega con insistenza che siano stati le forze di siccurezza, in questo caso la gendarmeria, a fare sparire Santiago Maldonado. Irtervengono, in quel momento, molti organismi non governativi, tra i quali Le Madre e Nonne di Piazza di Maggio, l’Assemblea Permanente per i Diritti Umani, la Comissione Provinciale per la Memoria, e finalmente il Comitè contro la scomparsa forzata di persona delle Nazioni Unite, per reclamare allo Stato Argentino l’apparizione con vita di Santiago Maldonado, dichiarando questo ultimo organismo:

“Nonostante la scomparsa di Santiago Maldonado era di pubblico dominio da parecchi giorni, finora il Potere Esecutivo della Nazione, dal quale dipende la Gendarmeria Nazionale Argentina, non ha fatto nessuna dichiarazione pubblica che chiarisca la sua posizione nella vicenda che ha determita la scomparsa di un individuo e le misure che ha adottato per trovare il giovane”.

Il Comitè è anche preoccupato dal fatto che tanto le famiglie, come i membri della comunità mapuche Pu Lof Cushamen, coinvolti nella ricerca di Santiago Maldonado, sono tormentati e perseguitati costantemente dalla Gendarmeria Nazionale.

Il governo argentino ha continuato a negare che la scomparsa di Santiago sia stata determinata dall’intervento, durante la manifestazione del primo agosto, della Gendarmeria.

Contemporaneamente, il giudice della causa Guido Otranto, lo si accusa di non aver ottemperato tutte le procedure che è necessario porre in atto nel momento in cui si riceve una denuncia; per esempio sequestrare tutti i veicoli usati dalla Gendarmeria, identificare tutti i membri della forza che sono stati nell’operativo, far vedere le loro fotografie ai testimoni, per cercare di identificare le persone coinvolte nella scomparsa di Santiago.

Addirittura, risulta dalla causa che, sebbene la Gendarmeria ha consegnato al giudice la lista dei veicoli intervenuti nell’operativo, c’è uno dei furgoni perquisiti che non corrisponde con il numero della lista riferita.

Sono tantissime le irregolarità commesse nell’indagine dal momento che la denuncia della scomparsa è stata fatta subito, i funzionari giudiziari hanno fatto trascorrere del tempo prezioso, che tra l’altro ha permesso ai gendarmi di ripulire i veicoli utilizzati nell’operativo, dai quali si sarebbero potuti estrarre campioni di DNA.

Non ha chiesto immediatamente la lista dei gendarmi che sono entrati nel pu lof Cushamen, 6 dei quali, risultano assenti, in ferie da quindici giorni all’indomani della scomparsa di Maldonado.

Attualmente questo giudice è stato recusato dalla famiglia, per “timore di parzialità”, ma lui ha rifiutato l’accusa della famiglia Maldonado, la Camera d’Appello della città di Comodoro Rivadavia ha deciso di rimuovere il giudice, e l’ha sostituito per il giudice federale della cittá di Rawson, Guillermo Gustavo Lleral, non per le ragioni che ha argomentato la famiglia Maldonado, ma per le dichiarazioni che il giudici Otranto aveva fatto al giornale “La Nación”.

A sua volta i testimoni accusano il Potere Giudiziario di essere complice della repressione dei Gendarmi contro il popolo Mapuche.

C’è un testimone, Ariel Garzi, che per timore di rappresaglia aveva chiesto di mantenere in riservo la sua identità, ma nonostante la sua petizione il suo nome è stato fatto dalla Ministra della Siccurezza nell’interpellazione chiesta dal Senato della Nazione. Il testimone riferito ha dichiarato di aver chiamato al cellulare di Maldonado il giorno dopo la scomparsa e che qualcuno ha risposto ma senza parlare, che si sentiva distintamente un rumore di passi e voci di persone che parlavano tra di loro, questa chiamata è stata confermata dalla lista dell’impresa telefonica richiesta del giudice della causa.

Questo testimone ha subito diverse persecuzioni, e anche agressioni da parte della polizia della provincia di Rio Negro, è stato privato della libertà e introdotto per forza in un veicolo della polizia, colpito durante il tragitto e poi lasciato fuori città.

E’ stato anche minacciato all’ingresso di un supermercato nella città di El Bolsón.

Sulla scomparsa di Santiago Maldonado lo Stato ha avuto un atteggiamento negazionista, aiutato dai mas-media vicini al potere politico, che svariate volte hanno pubblicato articoli menzogneri dove si diceva che Santiago era stato visto in diversi posti dell’Argentina, ad esempio a Santa Fe, poi a Porto Iguazu, a Mendoza, a Gualeguaychú, e anche nel Cile, affermazioni false, per distrarre l’opinione pubblica, che nonostante ciò si ha manifestato ovunque con forza richiamando la riapparizione con vita di Santiago Maldonado.

Il Ministero della Sicurezza a causa della pressione popolare, e di certi mezzi di comunicazione, ha aperto una inchiesta interna, dove Daniel Barberis, uno psicologo sociale appartenente alla stessa Gendarmeria, tenuto colloqui, senza spiegare in che condizioni, ne tanto meno se come indagati oppure come testimoni, con i gendarmi coinvonti nell’operativo del 1 agosto.

Vuol dire che il Ministero é diventato giudice e parte, dato che l’indagine riguarda essenzialmente una forza di sicurezza che opera sotto gli ordini delle più alte autorità di questa istituzione.

Soltanto dopo l’inchiesta svolta dal Ministero della Sicurezza, il giudice ha cominciato ad interrogare i gendarmi, come testimoni invece di indagati, senza considerare che questo corpo è sotto accusa. Ovviamente i gendarmi hanno negato qualsiasi partecipazione nella scomparsa.

Esistono testimonianze indiscutibili che affermano che a colpire e sequestrare Santiago Maldonado sono stati membri appartenenti al Corpo della Gendarmeria Nazionale Argentina.

Ci sono delle testimonianze dei gendarmi sospettose e anche contraddittorie, ad esempio, uno dei gendarmi, aveva detto nell’indagine del Ministerio che aveva tirato dei sassi ai mapuche (azione assolutamente proibita dal reglamento della forza), ma poi davanti al giudici l’ha negato, un altro aveva una ferita sul viso, dovuta apparentemente a uno scontro fisico con un’altra persona, ma, quando gli è stato chiesto l’origine della ferita non ha fornito spiegazioni convincenti.

Un guardia ha riconosciuto davanti al giudice avere sparato pallottole di gomma, ma poi l’avvocato della Gendarmeria, Gustavo Dalzone ha negato pubblicamente che la forza avesse usato armi.

Il 18 settembre il giudice Otranto ha ordinato il sequestro del Pu Lof en Resistenza di Cushamen, con l’intento di cercare elementi che auitassero a trovare Santiago Maldonado, all’operativo hanno partecipato più di 300 uomini, appartenenti a diverse forze armate della Polizia Federale, Gruppo GEOF (Gruppo Speciale di Operazioni Federale) Prefettura Navale Argentina, un regimento di cavalleria, una unità cinofila, 2 gommoni, 2 elicotteri, 2 droni, e un numero elevato di veicoli. Hanno partecipato anche funzionari del Ministerio di Sicurezza.

Lo scopo era quello di cercare elementi appartenenti a Santiago Maldonado che permettessero ricavare tracce del suo DNA.

Non hanno permesso l’ingresso dei querelanti, né degli organismi dei diritti umani.

Mentre si teneva la perquisizione hanno arrestato dei mapuche, ma alla fine i risultati sono stati negativi.

In questi ultimi giorni si sono conosciuti i risultati dell’analisi delle comunicazioni dei cellulari appartenenti ai gendarmi coinvolti nell’operativo del 1 agosto, e si è ottenuta informazione molto rilevante, perché ci sono dei messaggi che compromettono questa forza in maniera diretta nella scomparsa di Santiago Maldonado.

Il sergente Pablo Grillo, lo stesso giorno in cui la Ministro Bullrich dichiarava nel Senato della Nazione, invió un messaggio di whatsapp al Sargento Sergio Satirana nel quale diceva “Sta ancora parlando (in riferimento alla Ministro). Apparentemente ha detto che chi aveva Maldonado nel furgone sarebbe stato il sargento Satirana”.

Satirana ha detto che questo messaggio, inviato il 16 agosto, era in tono scherzoso.

Ma è da considerare che questo sergente era chi guidava il furgone Ford Ranger che partecipò nell’operativo del 1 agosto nella proprietà occupata dai mapuche del Pu Lof in Resistenza nello stabilimento rurale Leleque.

C’è un altro audio di whatsapp nel quale un gendarme dice: “Dicono di togliere i veicolo, di nasconderli”.

Esiste un’altra conversazione whatsapp tra il gendarme Daniel Gomez e un superiore nella quale questo ufficiale domanda circa il corpo di una persona che sarebbe stato a galla nel fiume il primo agosto, e Gomez risponde che lui aveva visto tre persone che nuotavano nel fiume, ma mai una persona che fosse a galla.

Gli esperti hanno affermato che è poco probabile che Maldonano fosse annegato nel fiume, perché in questo caso si sarebbe già trovato il corpo.

Le notizie sul caso si succedono quotidianamente, perciò questo articolo potrebbe non avere fine, ma attualmente è questo lo stato dell’indagine.

La preghiera costante della gente è il ritorno di Santiago Maldonado vivo, ma questa speranza svanisce giorno dopo giorno, ciò che risulta intollerabile è non soltanto ignorare dov’è Santiago Maldonado, ma anche cosa gli sia realmente successo.

Forse sono stati i gendarmi a colpire e uccidere Santiago Maldonado, il perché è molto difficile da sapere, posso fare riferimento all’ipotesi dell’antropologa argentina Diana Lenton, della Rete di Ricercatori del Genocidio Aborigeno, che sostiene che i gendarmi nel vedere il “ragazzo bianco” potrebbero aver sviluppato un sentimento di rabbia incoraggiato dalla presenza di un funzionario del Ministero di Sicurezza che avrebbe incentivato la repressione.

L’obbiettivo forse era quello di diffondere un “messaggio” di intolleranza verso qualsiasi forma di protesta non solo nei confronti del popolo originario, ma anche nei riguardi di coloro che volessero aiutarli, il messaggio sarebbe: “attenzione perché non saranno soltanto i mapuche a subire la repressione, ma anche qualsiasi persona che li appoggi”.

Il governo argentino non può continuare con le menzogne e i sotterfugi; la famiglia Maldonado e tutto il popolo argentino meritano di sapere la verità.

E quando la verità verrà alla luce dovranno essere punite tutte le persone che sono state coinvolte nella scomparsa, quelle che sono state gli autori materiali, e quelle che hanno dato gli ordini, e tutti coloro che hanno nascosto oppure dato informazioni false.

Le ferite del nostro recente passato sono ancora aperte, questa scomparsa le riapre completamente, per superare la nostra storia il popolo argentino ha bisogno senz’altro di giustizia e verità.

Siamo un gruppo di italiani residenti a Buenos Aires e vogliamo esprimere la nostra preoccupazione per la desaparición di Santiago Maldonado, fermato dalla gendarmeria il primo agosto scorso, durante una manifestazione nel sud del paese, e mai più riapparso. Le spiegazioni date dai militari e dalla ministra per la Sicurezza Patricia Bullrich sono lacunose, le indagini sono partite in ritardo, con depistaggi e false segnalazioni, e si sono concentrate su un possibile allontanamento volontario di Santiago, quando vari testimoni hanno affermato di avere visto i gendarmi caricarlo su una loro camionetta e allontanarsi.
Provoca sconcerto, dolore e paura una desaparición in tempi di democrazia, soprattutto per il passato recente di questo paese. Un grave precedente si era verificato nel 2006 con Jorge Julio Lopez, testimone in vari procedimenti giudiziari contro i militari della dittatura, probabilmente sequestrato da forze eversive che volevano minacciare il processo democratico; nel caso di Santiago Maldonado si tratterebbe di apparati dello stato, alle dirette dipendenze della ministra, che non sono in grado di garantire l’incolumità di un cittadino in stato di fermo.
Riteniamo che gli italiani debbano essere messi al corrente dei motivi per cui Santiago si trovava in Patagonia: voleva partecipare alla protesta pacifica dei mapuche che reclamano la restituzione delle loro terre, vendute negli anni ’90 ai Benetton. Parliamo di 900 mila ettari, terre ricche di risorse idriche, minerarie e turistiche. Il coinvolgimento di un’azienda italiana in questa vicenda è per noi motivo di ulteriore preoccupazione.
Ognuno di noi ha le proprie idee politiche, spesso opposte, ma tutti crediamo nella democrazia, nei diritti umani, nel principio che il monopolio statale della forza non significhi arbitrarietà totale sui cittadini temporaneamente privati della libertà. Anzi, è proprio in queste circostanze che uno stato democratico protegge con ancora più attenzione i diritti e la sicurezza di chi è in quel momento sotto la sua custodia.
Non ci interessa riaffermare il fatto che Santiago stesse protestando in modo pacifico, senza commettere reati. Non ci interessa riaffermare la descrizione di un bravo ragazzo solidale con i settori più deboli delle società. Anche se avesse commesso i delitti più atroci, avrebbe comunque diritto a un giusto processo e alla tutela della sua persona e della sua sicurezza.
Chiediamo per questo una presa di posizione del governo italiano nei confronti del governo di Macri, che all’indomani della sua elezione ha invitato i nostri concittadini a venire a lavorare in Argentina. Domani, al posto di Santiago Maldonado, potrebbe esserci uno di noi.

1. Salvo Tavella, docente
2. Francesca Capelli, giornalista, ricercatrice e docente
3. Erica Canepa, fotogiornalista
4. Francesca Battista, docente
5. Laura Claudia Rosina
6. Stefano Levantesi
7. Maria Betteghella
8. Elisabetta Iorio, docente e ballerina
9. Alberta Bottini, docente (Universidad Nacional de Quilmes)
10. Paola Giordani
11. Enrica Salvadori
12. Margherita Delfini, docente e arteterapeuta
13. Mariana Tagliaferro, docente
14. Viviana Mercurio, ballerina e insegnante di danza
15. Emanuela Bernardi, docente e attrice
16. Valentina Marzili
17. Anna Sonetti, docente ed esperta di immigrazione
18. Alessandra Viti, docente
19. Chiara Sardonini, docente
20. Adriana Bernardotti, attrice
21. Vanna Andreini, poetessa e docente
22. Francesca Ferlicca, urbanista
23. Giulia Scarduelli, insegnante
24. Sara Maggi, attrice
25. Giulia Parente, docente e impiegata della amministrazione pubblica
26. Serena Cinelli, docente
27. Cristina Ferraioli, attrice e cantante
28. Cristina Voto, docente e ricercatrice
29. Maria Rossi, docente
30. Ana Nora Feldman, docente universitaria
31. Chiara Fabiani, architetto d’interni
32. Marcello Boatto, impiegato
33. Claudia Gatti, sociologa
34. Valentina Pompa, docente
35. Cristina Porro, libera professionista
36. Elisa Pavin, blogger
37. Pierpaolo Olcese, produttore teatrale
38. Emanuela de Blasio, docente
39. Edda Cinarelli, giornalista e segretaria
40. Erika Francescon, staff di gestione (Universidad Nacional di San Martín)
41. Silvia Belleri, sociologa
42. Sabrina Carlini, docente e antropologa
43. Valentina Furnari, traduttrice
44. Francesca Iorio, architetto e docente
45. Roberta Ettori, attrice e insegnante
46. Giulia Murace, dottoranda (Universidad Nacional di San Martín)
47. Anna Santangeli, docente
48. Lucia Desiderée Franco, psichiatra, docente e attrice
49. Florencia Santucho, direttrice dei festival del cinema FICDH e FINCA e film-maker
50. Franco Pascuale, docente
51. Marika Rocca
52. Iside Casu, grafica
53. Anna Pochettino
54. Antonio Di Muccio
55. Cristina Lavagna
56. Piero Bernardini, chef e ingegnere del suono
57. Elisabetta Riva
58. Isabella Senatore

Fuente: http://libertacivili.blogautore.espresso.repubblica.it/2017/09/26/santiago-maldonado-desaparecido-in-argentina/